17 Lug Sviluppare la Riserva Cognitiva, potente arma contro ogni forma di demenza senile
Il miglioramento della qualità della vita ha portato ad un’aspettativa di vita sempre maggiore. Secondo dati recenti, l’aspettativa di vita sia nell’uomo che nella donna è aumentata di 5 mesi rispetto al 2015, attestandosi a 85,6 per le donne e a 82,8 per gli uomini. Questi dati sono senz’altro positivi e di buon auspicio; bisogna, tuttavia, fare i conti con l’altro lato della medaglia, ovvero con le malattie neurodegenerative e con il decadimento cognitivo che spesso accompagnano la cosiddetta terza età. È normale infatti che con il crescere dell’aspettativa di vita cresca anche il rischio di incorrere in varie forme di demenza. È stato stimato che in Italia, nel 2016, i malati di Alzheimer erano seicentomila, e questo numero purtroppo è aumentato negli ultimi due anni. Ma se l’Alzheimer rappresenta la causa di demenza più diffusa, non bisogna trascurare anche altre forme degenerative progressive, quali, ad esempio, la demenza fronto-temporale, la demenza da corpi di Lewy, la malattia di Hungtinton o la demenza da degenerazione cortico-basale. Il tratto comune di questi tipi di demenza è che causano una graduale degenerazione, restringimento e atrofia di alcune aree del cervello, con conseguente morte di cellule cerebrali. Purtroppo, trattandosi di malattie neurodegenerative, il processo è progressivo ed irreversibile. Ciononostante il cervello umano sembrerebbe possedere delle capacità proprie che gli consentono di resistere e recuperare le proprie capacità anche a seguito di un trauma cerebrovascolare come, ad esempio, un colpo apoplettico (ictus cerebrale) o un danno alle cellule nervose del cervello (danno assonale diffuso). Alcune persone inoltre sembrerebbero resistere maggiormente agli effetti del declino cognitivo che si presenta inevitabilmente quando si raggiunge la terza età e che conduce inesorabilmente a forme di demenza senile.
Ma perché in alcune persone questo processo è galoppante ed in altre invece è molto più lento e di minore impatto? E ancora, come mai alcune persone non mostrano nessun segno di demenza nonostante l’età molto avanzata? Nel 1986 fu condotto uno studio longitudinale che si protrasse per diciassette anni su 678 suore statunitensi di età compresa tra i 75 e i 95 anni. I ricercatori esaminarono l’archivio di tutti i documenti prodotti dalle suore in questione lungo tutto l’arco della loro vita. Fu inoltre tenuto conto di altri elementi prettamente fisici come la placca senile (formazioni anatomopatologiche presenti nel cervello dell’anziano composte da neuroni degenerati e dall’amiloide), peso del cervello, presenza di aterosclerosi, atrofie cerebrali e disabilità cognitive. Ciò che i ricercatori scoprirono fu che le suore che avevano maggiori abilità linguistiche e una più alta densità di idee non presentavano, o perlomeno presentavano in misura molto minore, declino cognitivo. In altre parole conservavano, nonostante l’età avanzata tutte le funzioni maggiori cerebrali intatte. Viceversa ad una bassa densità di idee e una minore abilità linguistica era associato un minor peso cerebrale, un più altro grado di atrofia e patologie neurofibrillari più gravi, con conseguente probabilità di soddisfare i criteri neuropatologici per il morbo di Alzheimer.
Recentemente, in uno studio sugli animali i dati clinici sono stati supportati da prove convincenti di studi sperimentali, che hanno dimostrato che l’esposizione all’arricchimento ambientale è in grado di prevenire il declino della memoria. L’arricchimento ambientale per gli animali comporta la stimolazione non solo dei loro sensi (ad esempio, olfatto, vista, tatto), ma stimola anche la loro capacità di apprendere e adattarsi quando esposti a novità e sfide, anche attraverso la stimolazione di comportamenti innati, come la ricerca di cibo e partner. La stessa linea di pensiero può essere applicata agli umani. Ciò si tradurrebbe in esercizio, interazione sociale, apprendimento di nuove cose, esplorazione di nuovi ambienti, mantenimento del cervello attivo con la formazione cognitiva, vale a dire, sfidare il cervello ad auto adattarsi alla novità.
Un’altra interessante scoperta è stata fatta alla York University in Canada dove gran parte dei residenti, causa le guerre di colonizzazione tra la Francia e Inghilterra, avvenute a fine ‘700, parla correttamente sia il francese che l’inglese. Ebbene il loro studio pubblicato su Neurology nel 2010 indicava che in chi parlava le due lingue la demenza di Alzheimer si presentava in media 5 anni più tardi rispetto a chi ne parlava una sola, senza differenze fra uomini e donne e indipendentemente dal tipo di attività e dal livello di istruzione.
Un dato, quest’ultimo che trova conferma in uno studio condotto su un gruppo di emigranti europei negli Stati Uniti. I risultati hanno indicato che al pari di altre variabili il loro declino cognitivo era di gran lunga più lento, indipendentemente dal tipo di lavoro svolto (dal cameriere, al dirigente d’impresa, all’operaio di linea) rispetto ai loro compatrioti che vivevano nella loro terra d’origine. La ragione è un maggior sviluppo, in chi è bilingue, delle aree cerebrali cosiddette esecutive e dell’attenzione finalizzata che proteggono dalla demenza. C’è anche da aggiungere tutta quella serie di fattori che chi emigra deve necessariamente sperimentare, come novità di tradizioni e folklore, differenti abitudini di vita e culinarie, che rappresentano, soprattutto i primi tempi, motivo di sfida continua per l’emigrante, che è chiamato ad adattarsi ad uno stile di vita completamente diverso; in altre parole, come affermato precedentemente, ad adattarsi alle novità.
La domanda che sorge ora spontanea è: se questa riserva cognitiva è così importante, come svilupparla appieno?
I fattori che sono stati messi in relazione allo sviluppo e l’ottenimento di una buona riserva cognitiva sono molteplici. È utile affrontarne i più importanti:
-L’interesse per la lettura: nonostante sia di dominio pubblico il fatto che la lettura “faccia bene” sono sempre molto poche le persone che leggono con costanza. Il consiglio è quindi quello di leggere molto, racconti, romanzi di qualsiasi tipo, fatti di cronaca, in altre parole bisogna aver fame di lettura. Molto importante è anche mettersi in discussione su quello che si legge; analizzarne i pro e i contro sotto differenti punti di vista. Nel caso di un romanzo cercare di immedesimarsi nel protagonista, capire il perché delle sue decisioni ed esaminare diversi scenari nel caso si siano compiute scelte differenti; in altre parole “vivere” quello che si legge.
– Svolgere un lavoro che richieda uno sforzo intellettuale: lavori incentrati sull’utilizzo del ragionamento, del problem solving e della capacità di trattazione e negoziazione aiutano a migliorare la memoria e gli effetti si vedranno soprattutto in età avanzata. Coloro che svolgono un lavoro prettamente manuale possono mantenersi in allenamento con le parole crociate, rompicapo stimolanti, giochi di logica ed i generale tutti i giochi che possano mettere in moto le capacità mnemoniche ed intellettive (anche giochi con le carte che presuppongono strategia, memoria ed intuizione, come cercare di intuire che carte ha il nostro avversario).
– Se possibile imparare e/o migliorare una lingua straniera: anche non in maniera fluente. Sarebbe sufficiente anche ampliare il vocabolario di una lingua straniera; attualmente grazie all’utilizzo di internet e possibile guardare film in lingua originale, ascoltare canzoni leggendo il testo in contemporanea e così via; esercizi, questi, che aiutano certamente a sviluppare una buona riserva cognitiva.
– Avere una buona rete di relazioni sociali: sviluppare un buon ambiente circostante. L’integrazione sociale è statisticamente correlata a un buono stato di salute, a qualsiasi età. Inoltre delle buone relazioni sociali favoriscono il senso di appartenenza, garantendo una maggiore capacità di affrontare le sfide ambientali. Sviluppare una buona rete di relazioni preserva inoltre da alcuni disturbi quali il disturbo evitante di personalità e da problematiche a livello lavorativo e affettivo.
– Suonare uno strumento musicale: la musica è un ottimo esercizio di stimolazione cerebrale e contrasta i cambiamenti del cervello che si verificano a causa del declino cognitivo. In uno studio del 2011 concernente persone che suonano o hanno suonato uno strumento, i soggetti hanno ottenuto risultati migliori nei compiti di denominazione di oggetti, di memoria e di elaborazione a patto che avessero suonato per almeno 10 anni. Questo è fondamentale, perché con l’età le persone possono perdere le capacità motorie o della vista, per suonare gli strumenti. Lo studio suggerisce anche che i benefici cognitivi della formazione strumentale possono durare una vita. Uno dei partecipanti allo studio ha detto in un’intervista che lui sentiva che aver suonato per tanto tempo era come avere “una polizza di assicurazione”.
– Praticare anche un leggero esercizio fisico: l’esercizio fisico, qualunque esso sia, favorisce una maggiore produzione di una importante catena di amminoacidi denominati BDNM (fattore neurotrofico cerebrale), il quale facilita la formazione delle sinapsi (collegamento tra neuroni), rappresentando, di fatto, una potente arma contro le demenze.
– Cercare nuove sfide e nuovi stimoli: diversificare le proprie esperienze, farne di nuove, viaggiare molto sono altri suggerimenti per sviluppare una buona riserva cognitiva e godere della stessa più avanti negli anni, quando si arriva inevitabilmente alla vecchiaia.
Concludendo la riserva cognitiva rappresenta davvero una potente arma con cui è possibile contrastare qualsiasi forma di demenza e di declino cognitivo, giudicate come una vera e propria piaga dei giorni nostri. L’importante è essere consapevoli di poter sviluppare questa capacità e di poterne godere appieno negli anni avvenire. Magari non è possibile vedere nell’immediato i risultati, ma la prevenzione è proprio questa; è un investimento, in questo caso molto fruttuoso, per poter vivere più a lungo e meglio, in compagnia delle persone che ci sono care.
Bibliografia:
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